Lago di Vodo

Ultima modifica 31 agosto 2024

Il Lago di Vodo

Il lago di Vodo di Cadore è un invaso artificiale creato da uno sbarramento sul Boite poco al di sotto del paese; la diga è stata costruita fra il 1957 e il 1960 a cura della SADE (Società Elettrica di Elettricità) contestualmente ad una lunga galleria di valico necessaria a convogliare le acque del Boite verso il bacino idrico del Maè. I manufatti in questione sono inseriti nel complesso sistema idroelettrico Piave-Boite-Maè-Vajont ideato per un maggiore e razionale sfruttamento delle risorse idriche del bacino del Medio Piave.

Come da progetto, le acque del Boite ed affluenti, regolate dal serbatoio di Vodo, attraverso una galleria lunga oltre nove chilometri del diametro di poco più di due metri e mezzo giungono alla centrale di produzione di Pontesei (Val di Zoldo).

La diga Vodo, alta oltre 40 metri, è particolare: non si tratta infatti di un comune sbarramento ad arco, ma di una diga a cupola della forma di un quarto di sfera.

I primi lavori a prendere avvio nel 1957 furono quelli di costruzione della galleria scavata tutta dentro la montagna: gli operai lavorarono diciassette mesi avanzando di circa dieci metri al giorno. Due furono le imprese appaltatrici (nel versante di Vodo operava la ditta dell’ing. Guglielmo Zadra).

Con l’apertura del cantiere, ben presto sulla riva destra del fiume, nella zona denominata Pra’ da Merla, si formò un piccolo insediamento temporaneo costituito da dormitori per gli operai, cucina con annesso refettorio, infermeria, lavanderia e locali per i servizi, ma anche garage, depositi, magazzini, uffici, officine, falegnameria, silos, cabine elettriche e tutto ciò che poteva servire ad un cantiere così impegnativo. Venne montato anche un binario decauville e costruito un tratto di acquedotto e di fognatura, mentre l’asilo si popolò dei figli degli operai della SADE.

All’epoca, la Società si impegnò con il Comune di Vodo non solo a risarcire i danni e ad effettuare a sue spese le opere necessaria al cantiere, ma anche a finanziare una serie di lavori a strade, acquedotti e fognature a favore della popolazione.

Durante i lavori purtroppo si contarono anche tre incidenti mortali: il 23 agosto 1957 perse la vita il minatore Francesco Polo, di soli 34 anni, il 6 febbraio 1959 morì un altro minatore, Giovanni Battista Manfroi che di anni ne aveva 37, mentre il 12 novembre 1959 toccò all’ingegnere Giancarlo Destro anche lui trentaquattrenne. Una targa sulla diga li ricorda affidandoli al Signore.


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