I partigiani

Ultima modifica 31 agosto 2024

I partigiani Bill e Tosco, morti nel 1944

Il giorno 24 agosto 1944, in seguito ad uno scontro avvenuto con i soldati tedeschi, poco fuori Vodo veniva ucciso il giovane Attilio Stiz, nato a Sedico il 25 luglio 1924 ma residente a Pozzale.

Attilio Stiz “Bill” e Fausto Larese Gortigo “Penna” (di Auronzo, classe 1915), quel giorno erano scesi a valle dal Monte Rite per contrastare l’azione delle truppe tedesche in rastrellamento, ma furono scovati nei pressi del ponte di Vodo e attaccati con un lancio di bombe a mano. Bill morì immediatamente, mentre Penna fu ferito, catturato e poche ore dopo fucilato a Belluno.

Mentre portavano via Penna, i tedeschi incontrarono il cappellano di Vodo, l’agordino don Rodolfo Raffaele Buttol, cui raccontarono di aver abbandonato il corpo dell’ucciso. Nonostante le ricerche compiute dallo stesso don Buttol assieme a Pietro Talamini, fratello del partigiano Riccardo detto “Orso”, fu possibile trovare la salma solo il 30 agosto quando un cacciatore vi si imbatté per caso presso il Ru de Repozies (Pra’ da Ronco secondo alcuni documenti).

Il commissario prefettizio dichiarò di non poter risalire all’identità del partigiano, del quale però fornì una dettagliata descrizione su richiesta delle autorità: il giovane aveva capigliatura bionda, corporatura tarchiata, statura alta; al momento dell’uccisione, indossava una camicia militare grigio verde in flanella, pantaloni corti marroni a quadrettini, scarponi e calzettoni grigi. Non portava con sé nessun documento di riconoscimento e i suoi lineamenti erano irriconoscibili.

La salma fu trasportata nella cella mortuaria del cimitero di Vodo, e dopo l’esame dell’ufficiale sanitario, ottenute le dovute autorizzazioni e fatte le fotografie ordinate, fu dato il permesso di celebrare il funerale e di procedere alla sepoltura. Durante il funerale don Raffaele sottolineò come “il sacrificio dei nostri morti si unisce a quello di Cristo per la redenzione dell’umanità e per la nostra libertà”.

Attilio era stato uno dei primi ad aderire nel marzo 1944 al Distaccamento Cadore, primo nucleo della Brigata Calvi. Aveva già affrontato l’addestramento fra i Carabinieri ed era quindi dotato di adeguata preparazione militare, motivo per cui nella riorganizzazione della Brigata Cadore del 5 agosto 1944, seppur giovanissimo, fu chiamato ad essere vicecomandante del Distaccamento Cadore comandato da Vittorio Sala “Jack”, con base sul Monte Rite.

La salma di Attilio Stiz fu trasferita nel cimitero di Pozzale nel 1948.

Il 22 settembre di quello stesso 1944 a Pian di Sadorno, dove era acquartierato il battaglione B. Stris, morì in un tragico incidente anche Giorgio Bandelloni, “Tosco”, nato a Carrara il 9 febbraio 1924: ad ucciderlo fu il proiettile partito accidentalmente dall’arma di un compagno intento a pulire il suo mitra.

La salma fu trasportata a valle dai compagni e trasferita al cimitero di Vinigo dove fu inumata: le esequie furono celebrate da don Antonio Mattiuzzi e da don Buttol. Anche in questo caso le autorità germaniche chiesero un verbale di rinvenimento e anche qui, come per il giovane Stiz, il commissario dichiarò che non era possibile risalire all’identità del partigiano che, al momento della morte, indossava camicia e pantaloni lunghi color kaki e un fazzoletto rosso al collo.

Alla fine della guerra la famiglia Bandelloni, sfollata dalla Toscana, si trovava in provincia di Brescia, a Calcinato, e lì inizialmente il padre Alceste pensò di trasferire la salma del figlio. Tuttavia, nel settembre del 1945, il giovane fu trasportato fino alla città natale, Carrara.

Qualche mese dopo aver celebrato i funerali dei due giovani, il 18 novembre del 1944, il cappellano Don Raffaele Buttol, che da agosto era rimasto in contatto con i partigiani del Monte Rite e con quelli stanziati sopra Vinigo, fu arrestato e condotto tre giorni dopo nel campo di concentramento di Bolzano. Vi rimase sino al 10 marzo 1945, quando fu prelevato dal lager e rinchiuso nel carcere di Silandro grazie all’intervento del Vescovo Bortignon, di dove poté uscire soltanto dopo la Liberazione. Con lui venne arrestato anche il segretario comunale Antonio Filippi, incarcerato perché si era rifiutato di testimoniare contro don Raffaele. Dopo essere stato tenuto nella gendarmeria SS di Cortina dal 21 novembre al 3 dicembre 1944, fu tradotto a Bolzano, prima in Campo di concentramento e poi alle carceri giudiziarie.

 

(Si veda W. Musizza-G. De Donà, Guerra e Resistenza in Cadore, Belluno 2005. Sui fatti in questione don Raffaele Buttol rilasciò nel 2000 un’intervista https://www.lageredeportazione.org/testimonianze/buttol-don-raffaele/ e pubblicò una memoria: Raffaele Buttol, Prete nella Resistenza. Memorie sulla deportazione a Bolzano, ISBREC, Belluno 2005).

Si ringraziano il dott. Pierangelo Bono, responsabile archivista del Comune di Calcinato, il dott. Giovanni Ferrari del Comune di Carrara e i loro collaboratori per la gentilezza e la disponibilità dimostrata.


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